
La sanatoria delle difformità edilizie può risultare complessa a causa della stratificazione delle norme e della difficoltà cui vanno incontro gli operatori che vogliono ricostruire la storia di un immobile. Con l’obiettivo di semplificare la regolarizzazione delle difformità edilizie è stato approvato il Decreto Salva Casa, che ha modificato il Testo Unico dell’edilizia. La nuova norma si è però scontrata con alcune precisazioni espresse dalla giurisprudenza. Le affermazioni dei giudici si pongono in contrasto con alcune disposizioni del Decreto Salva Casa e con i chiarimenti contenuti nelle Linee Guida Salva Casa, diffuse dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a fine gennaio.
Sanatoria delle difformità edilizie, Il caso è iniziato quando un Comune della Lombardia ha individuato una serie di difformità edilizie in un immobile residenziale. Le difformità edilizie sono state riscontrate nell’autorimessa, che presenta maggiori dimensioni rispetto alle misure dichiarate in progetto, nel sottotetto dell’abitazione principale e nelle aree esterne, dove sono stati realizzati un gazebo in ferro poggiato su pavimentazione in piastrelloni prefabbricati, una tettoia con struttura in ferro e legno con copertura in lastre ecologiche e una scala in muratura con parapetti in ferro. Il Comune ha affermato che per la realizzazione di queste opere sarebbe stato necessario il permesso di costruire e ha ordinato la loro demolizione. I proprietari dell’immobile su cui sono state riscontrate le difformità edilizie hanno presentato una Scia in sanatoria, che però è stata dichiarata irricevibile. I proprietari hanno quindi presentato ricorso. Dopo un sopralluogo, i giudici hanno rilevato che per la consistenza delle opere realizzate e per la loro localizzazione (all’interno della fascia di rispetto di un impianto di depurazione in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico) non era sufficiente la Scia in sanatoria per la sanatoria delle difformità edilizie che si erano susseguite nel tempo. Il Tar Lombardia non è riuscito a stabilire lo stato legittimo dell’immobile e, con la sentenza 227/2025, depositata il 25 gennaio, ha respinto il ricorso.
Difformità edilizie, le verifiche sullo stato legittimo dell’immobile Oltre a dirimere il caso, la sentenza contiene delle precisazioni che potrebbero mettere in dubbio l’effettiva portata delle semplificazioni del Salva Casa. I giudici hanno ricordato che, in base al Testo Unico dell’edilizia, come modificato dal Salva Casa, “lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare”. La normativa, ha sottolineato il Tar, prevede una condizione: “che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del titolo abilitativo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”. Come si legge nella sentenza, la norma subordina la sussistenza dello stato legittimo dell’immobile alla condizione che l’Amministrazione, in sede di rilascio di un titolo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, non ammettendosi una implicita attestazione della loro regolarità. Pochi giorni dopo dal deposito della sentenza, il Mit ha pubblicato le Linee Guida Salva Casa, che sembrano in contrasto con la posizione dei giudici. In base alle Linee Guida, “per gli immobili o unità immobiliari interessati da interventi edilizi successivi al momento del rilascio del titolo abilitativo originario, lo stato legittimo possa essere comprovato con la presentazione del titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio sull’intero immobile o unità immobiliare”. Le Linee Guida aggiungono che la verifica della “legittimità dei titoli pregressi” non può comportare alcun riesame da parte dell’Amministrazione dei precedenti titoli, con la conseguenza che eventuali difformità tra lo stato di fatto e i progetti indicati nelle richieste di rilascio dei titoli o nelle segnalazioni certificate di inizio attività non potranno essere contestate quali mancanza di stato legittimo dell’immobile, ove non contestate in precedenza al fine di negare il titolo edilizio.
Difformità edilizie, il nodo dell’agibilità La sentenza ha toccato un altro tema molto dibattuto: il ruolo dell’agibilità ai fini della sanatoria edilizia. Secondo i giudici, il certificato di agibilità di un immobile non attesta la regolarità edilizia e urbanistica dello stesso, ma solo la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’edificio. Il Salva Casa ha invece introdotto una semplificazione, con la possibilità di ottenere lo stato legittimo dell’immobile per gli immobili che hanno ottenuto l’agibilità (o abitabilità) anche in presenza di parziali difformità, perché i funzionari incaricati di effettuare le ispezioni e verificare la conformità edilizia degli interventi hanno rilevato le irregolarità ma non hanno ordinato la loro demolizione o il ripristino dei luoghi. Non si può escludere che le considerazioni restrittive del Tar possano orientare le pronunce successive se in seguito alle pratiche di regolarizzazione delle difformità edilizie dovessero sorgere dei contenziosi, negando la sanatoria delle difformità edilizie.